martedì, maggio 31, 2011

venerdì, maggio 20, 2011

Che cosa vuole la Puerta del Sol? Ecco le richieste della protesta pacifica che dal 15 maggio sta invadendo la Spagna.

[Dallo scorso 15 maggio in Spagna è in corso una protesta pacifica che ha portato in piazza moltissime persone in mobilitazione permanente, prima a Madrid, presso la Puerta del Sol, e poi in moltissime città spagnole. Qui la traduzione di un articolo di El Paìs che spiega le richieste di queste persone. Mi sembra ce ne sia bisogno, data la quasi assenza del tema sui mezzi di comunicazione italiani, e per l'impatto di quello che sta succedendo - in modo autorganizzato, non politicizzato e del tutto pacifico.
La traduzione è di Matteo Colombo.]


A pochi metri dal Parlamento spagnolo, è nato un altro parlamento. Un'altra democrazia nasce da zero al chilometro zero, e ha trasformato la centralissima piazza della Puerta del Sol di Madrid in una grande agorà. Anziché banchi pieni di deputati, metri quadrati di suolo. Anziché un presidente della Camera, un moderatore che viene da studi classici e che attualmente lavora come interprete.

Un ragazzo prende nota di tutto ciò che si dice e fa un riassunto di ogni tema prima di passare al seguente. Non esiste un ordine del giorno, ma un foglio con 24 punti di discussione, aperti a contributi e proposte che si susseguono semplicemente per alzata di mano, e che vengono approvati agitando la mano come nel linguaggio dei sordomuti.

Esistono commissioni suddivise per aree tematiche (comunicazione, assemblea, infrastrutture, alimentazione...), ma anziché avere sede in uffici si trovano sotto tende, teloni, o anche a cielo aperto. Ci sono perfino i capannelli di discussione, che però non stanno nei corridoi, ma per strada, in ogni angolo. Confronti dialettici accalorati e appassionati nascono come funghi, nella nuova agorà della Puerta del Sol. Basta tendere l'orecchio e chiunque può aggiornarsi sui temi più caldi dell'attualità. I cittadini parlano.

 «Consideriamo ingiuste leggi come la Ley de Extranjeria [legge sull'immigrazione che prevede, tra le altre cose, multe fino a 10.000 euro per chi dà rifugio a immigranti clandestini, laddove per “rifugio” si intende “sostentamento economico”, leggi: colf e badanti], il Plan Bolonia [o Bologna Process, un progetto di riforma universitaria europea], la Ley Sinde [legge sul diritto d'autore in rete con importanti ricadute sul controllo dell'espressione online], la legge elettorale, e la legge di uguaglianza di genere», risuona da un megafono che passa di mano in mano nell'assemblea. «Bisogna farla finita con il sostegno dello stato alla Chiesa», sostiene una signora di mezz'età. «Le misure di salvataggio economico devono interessare le famiglie sfrattate, e non le banche», dice un giovane. Una valanga di proposte che si protrae per un'ora e mezza. «Stiamo cercando un consenso su alcune linee guida che ci aiuti a chiarire le questioni che vogliamo promuovere», osserva il moderatore.

Come nel racconto “L'autostrada del Sud” di Julio Cortázar, un evento straordinario ha prodotto una realtà nuova dotata di una dinamica propria. La manifestazione che lo scorso 15 maggio ha riunito migliaia di persone indignate per la situazione sociopolitica ed economica della Spagna, e il successivo accampamento permanente nel centro nevralgico di Madrid, hanno generato un micromondo che va creandosi e contemporaneamente gira, in senso contrario a quello che stava diventando quotidiano.

La prima tappa è stata organizzarsi e garantire i bisogni di base. La seconda, in questo preciso momento, è articolare un discorso che permetta di spiegare alla società un malcontento globale e generalizzato contro le carenze del sistema democratico imperante.

L'obbiettivo è quello di dare fisionomia definita a una protesta che è riuscita nell'impresa di aggregare l'enorme ed eterogenea quantità di persone che stanno prendendo parte a questo movimento spontaneo. Un movimento che, al di là di chi presenzia ogni giorno alla Puerta del Sol, riunisce e concentra un più ampio sentimento collettivo di disincanto ed esasperazione che sta mettendo in ginocchio il paese. Il cosiddetto “Movimento 15-M” si gonfia e si sgonfia, cresce e diminuisce a seconda dell'orario. Ogni giorno ci sono tre assemblee e una concentrazione.

[...]

Il lavoro e le riunioni di ieri si sono quindi concentrati sul creare un germe di questo manifesto di base. Innanzitutto, i temi principali che più stanno a cuore, poi le proposte, e infine le votazioni. Il risultato di questo processo sarà una specie di programma generale che sostituirà il manifesto originale, che si limitava a identificare il movimento, e che cercherà di dare una risposta alla grande domanda degli ultimi quattro giorni: agli indignati le cose come stanno non piacciono. Ma cosa vogliono?

Le assemblee di ieri hanno manifestato il loro appoggio a una serie di proposte che, sommate a quelle che a mano a mano vengono depositate nelle urne di raccolta di ciascuna commissione, costituiranno la base sulla quale, una volta effettuata una votazione, si cercherà di elaborare il manifesto di base di cui sopra. Di seguito, alcune delle rivendicazioni emerse:

 - Abolizione delle leggi ingiuste. Cancellare e sostituire norme come la Ley Sinde, il Plan Bolonia, La Ley de Extranjería, la Ley de Partidos o la legge elettorale. Si sostiene inoltre che le leggi-quadro approvate dalle Corti debbano essere precedute da un referendum.

- Terza Repubblica. C'è chi chiede un referendum per scegliere tra monarchia e repubblica, mentre altri preferirebbero far sparire completamente dalla Costituzione qualsiasi cosa abbia a che vedere con la famiglia reale.

- Riforme fiscali. Si chiede di «favorire i redditi più bassi», che «chi possiede di più, paghi di più» e che «l'IVA diventi un'imposta progressiva.» Chiedono inoltre, tra molte altre cose, «l'applicazione della Tobin Tax per colpire la speculazione e il movimento di capitali, e che le relative entrate vengano reinvestite nel sociale.» Analogamente, si propone di «nazionalizzare le banche salvate.»

- Trasporti e mobilità. Favorire il trasporto pubblico e alternativo all'auto, creare una rete di piste ciclabili, sovvenzionare l'abbonamento ai trasporti pubblici per i disoccupati.

- Riforma delle condizioni di lavoro della classe politica. Si chiede la soppressione degli stipendi vitalizi, della "formazione controllata" per i funzionari pubblici (chiedono che si acceda ai livelli più alti di queste professioni tramite concorso), la revisione e il bilancio dell'attività politica alla fine di ogni mandato, liste elettorali pulite e libere da imputati di corruzione politica.

- Democrazia partecipativa e diretta. Auspicano un funzionamento per assemblee a livello cittadino (quartieri, distretti) che si basi su Internet e sulle nuove tecnologie. Chiedono inoltre di aver voce in capitolo sulle questioni relative alla gestione dei budget delle varie amministrazioni. In generale, la decentralizzazione del potere politico.

- Miglioramento e regolarizzazione dei rapporti lavorativi. Nella sostanza, mettere fine alla precarietà salariale e all'«abuso» degli stagisti, fissando un salario minimo di 1200 euro, con uno Stato che si faccia garante del lavoro e dell'uguaglianza salariale.

- Ecologia e ambiente. Chiusura immediata delle centrali nucleari e promozione delle economie sostenibili.

- Recupero delle aziende pubbliche privatizzate. La gestione deve tornare nelle mani della pubblica amministrazione.

- Forze dell'ordine. Riduzione della spesa militare, chiusura delle fabbriche di armi e rifiuto di intervento in qualsiasi guerra.

-  Recupero della memoria storica. Condanna del franchismo.


L'articolo è stato pubblicato oggi su El Pais ed è a firma di Patricia Ortega Dolz e Inés Santaeulalia

giovedì, maggio 19, 2011

Nobody expects the Spanish revolution

Homepage di El País, giovedì, ore 20.15


Twitter, giovedì, ore 19.41

Obama e il certificato di nascita - the mug edition

L'organizzazione della campagna Obama 2012 non ha colto l'attimo per sfruttare a proprio favore gli attacchi al presidente sul controverso certificato di nascita.
Ma, a quanto pare hanno deciso di sfruttare il tema col merchandising della campagna.

Un po' in ritardo? Vedremo.

La rabbia come forza di impegno positivo [una ricerca "sul pezzo"]

Puerta del Sol, Madrid (foto di Lucio Colavero)
Qui gli ultimi giorni scorrono tra elezioni, entusiasmo crescente (a Milano per il ballottaggio) e pacifiche ma fermissime proteste auto-organizzate (Madrid e tutta la Spagna - con elezioni amministrative in arrivo).

Sulle questioni politiche si tornerà, intanto capita al momento giusto una lettura su una ricerca recentemente presentata (ma non ancora pubblicata*) che parla della rabbia del cittadino come forza potenzialmente positiva e motore per un impegno politico maggiore:
“Anger gets people engaged,” said Brader. “There’s a tendency among scholars and others to say that things like negative advertising are bad. But our paper points out that negative emotions like anger can bring people out and get people more involved. So the consequences aren’t all bad.”
And Groenendyk notes: “If anger is on your side, and it’s mobilizing people to get involved, anger can be a great thing.”

Insomma, la rabbia può essere incanalata in modo positivo ma - dato che rafforza sentimenti e convinzione - porta anche il rischio di "chiusura mentale" (populismo?):
A particular danger of anger seems to be closed-mindedness. Research finds that when citizens get angry, they close themselves off to alternative views and redouble their sense of conviction in their existing views. Fear and anxiety, on the other hand, seem to promote openness to alternative viewpoints and a willingness to compromise.

La rabbia porta anche a superare la paura e - sostengono gli studiosi - anche a investire tempo e impegno in azioni più consistenti e "rischiose" (in senso lato):
“Fear alerts you that something is amiss in your environment and draws your attention and says you should consider your action,” said Groenendyk. “Anger tends to move people beyond that and suggests to them to invest resources in participation and pursue riskier strategies that might cost them something.”
[...] “But anger can be an issue if it’s creating motivations to lash out. Does it stop at just spreading leaflets or voting? Or does it extend to punching opponents or throwing a brick. Politicians might be unleashing it for their own purposes, but it’s unleashing a powerful force that’s hard to control.”

Ma fino a che punto questa situazione è positiva e come si concretizza? Come provare a controllarla (per un politico) e organizzarla (per gruppi di cittadini)?



[*Il titolo della ricerca in questione è “Fight or Flight? When Political Threats Arouse Public Anger and Fear” ed è stata realizzata dai professori di scienze politiche Ted Brader, Nicholas Valentino (University of Michigan) e Eric W. Groenendyk (University of Memphis) ]

sabato, maggio 07, 2011

The Filter Bubble - una "bolla" più pericolosa?

Al Personal Democracy Forum 2010 uno dei miei interventi preferiti è stato quello di Eli Pariser, intitolato The Filter Bubble.
Secondo Pariser (fondatore e presidente di MoveOn.org e co-fondatore di Avaaaz), la personalizzazione è ormai parte integrante del nostro consumo di contenuti in Rete e questo - incorporato in modo più o meno (in)visibile negli strumenti che usiamo più spesso, vedi Google e Facebook - ci porti fondamentalmente a non avere la possibilità di essere esposti ad altri punti di vista.

Adesso Pariser ha pubblicato un libro che si chiama, appunto, The Filter Bubble e che ha un sito collegato.
Qui il suo speech a PdF 2010, lo scorso anno.



L'idea, va detto, non è certamente nuova (ne avevo letto una trattazione nel 2005 su Republic.com di Cass susntein), ma Pariser parla oggi e fa esempi molto significativi e concreti, non limitandosi a un'analisi in termini di processo.

Insomma, è un libro che mi propongo di leggere presto, così come voglio recuperare anche il suo talk fatto a TED un paio di mesi fa. Idee, dubbi e considerazioni sono i benvenuti.

domenica, maggio 01, 2011

Friend of Charleston

Ci sono posti che aspetti di vedere da anni e che non ti deludono, posti dove ti senti subito a tuo agio per motivi evidenti e, insieme, meno evidenti.
Questo è stato il caso di Charleston, la casa di campagna che ha ospitato per decenni il Bloomsbury group e che ho visitato la scorsa estate.

Non so se ci tornerò presto, ma di recente mi è tornato in mente e ho pensato che sarebbe stato bello iscriversi ai Friends of Charleston e ho scritto per avere informazioni. Questa settimana, tornando a casa, ho trovato una lettera dall'Inghilterra con tutte le informazioni e le iniziative dell'estate.
Fateci un giro, ecco.