mercoledì, novembre 24, 2010

Cambiare idea /1

Vista attraverso la lente del 2009, la "capacità negativa" sembra il perfetto antidoto all'"eroismo ideologico".


Eppure nei nostri politici cerchiamo ancora l'eroismo ideologico, nonostante tutto. Se sono pragmatici, li consideriamo deboli. Se sono equilibrati, li chiamiamo ingenui e sciocchi.

(Zadie Smith, Il dono delle lingue - in Cambiare idea)

lunedì, novembre 08, 2010

Il social network e come ci sta cambiando

Si è detto e scritto moltissimo su The Social Network, a turno il "film su Facebook" o sul suo fondatore, il più giovane miliardario al mondo, un film sul tradimento, sull'amicizia.
Un film che è molto più del suo sceneggiatore, Aaron Sorkin, che del regista David Fincher (e moltissimo dei suoi interpreti), che è molto più la storia di persone, che non di un business, molto più il modo in cui oggi usiamo e siamo usati dalle nostre ossessioni e dai nostri desideri, da chi abbiamo vicino e da chi vogliamo attorno a noi.


Il film e le varie considerazioni lette in giro mi sono tornate in mente oggi pomeriggio, mentre sono in viaggio per assistere a Venice Sessions, con titolo “Love in the digital age” (domani dalle 9.30, trasmesso in diretta).
La Rete – e Facebook, certo – hanno cambiato il nostro modo di creare relazioni e mantenerle: in dieci anni di Rete e in sei di blog, non riesco a contare il numero di amici, lavori, coppie createsi grazie alla Rete. Ma una delle cose che mi fa riflettere di più è come abbia cambiato la nostra nozione di tempo e di attesa nei rapporti con gli altri.
"Avrai un telefono vicino che vuol dire già aspettare" cantava Baglioni in altri decenni (e anche lì - curiosamente - c’era un amico che aveva deluso, tradito e ingannato). Adesso magari non restiamo in casa, ma controlliamo freneticamente la nostra pagina, aspettando che la nostra richiesta di amicizia venga accettata, di ricevere risposta al nostro messaggio, un like al video che abbiamo condiviso, un commento al nostro status, che magari abbiamo messo lì a bella posta, pensando che gli altri lo vedano, sperando che qualcuno risponda (e la consapevolezza, con conseguente presa in giro, dei tipici atteggiamenti su Facebook avviene innanzitutto su Facebook).
La nostra attesa dura – deve durare – pochissimo, lo spazio di un refresh, quello che Mark Zuckerberg continua a fare alla fine del film, per controllare se la sua ex ragazza ha accettato la sua richiesta di amicizia su Facebook.

The social network è forse anche un film su come siamo cambiati noi, su come sta cambiando il nostro modo di stare con gli altri – e forse niente è più sintomatico di Facebook per certi versi – su come sia diverso l’approccio e la comprensione del mondo “di questa generazione” di cui spesso si parla pomposamente, senza sapere mai davvero delinearne precisamente i contorni.
In uno dei pezzi più interessanti (e di più ampia prospettiva), intitolato “Generation Why?”, Zadie Smith lo spiega meglio di tutti:
Watching this movie, even though you know Sorkin wants your disapproval, you can’t help feel a little swell of pride in this 2.0 generation. They’ve spent a decade being berated for not making the right sorts of paintings or novels or music or politics. Turns out the brightest 2.0 kids have been doing something else extraordinary. They’ve been making a world.