mercoledì, marzo 31, 2010

Considera l'aragosta

"Le persone e gli animali hanno una zona del cervello che fa sentire il dolore, e questa zona il cervello delle aragoste non ce l'ha".
A prescindere dal fatto che questo è errato in nove modi diversi, il motivo principale per cui l'affermazione di Dick è interessante è che la sua tesi è più o meno echeggiata dalla stessa dichiarazione degli organizzatori del Festival delle aragoste e il dolore, parte di un quiz intitolato Testate il Qi della vostra aragosta che compare nel programma del Fam del 2003 per gentile concessione del Consiglio per la promozione dell'aragosta del Maine.

Non c'è un motivo particolare per questa citazione, se non che sto leggendo "Considera l'aragosta" e mi sto divertendo come non mi succedeva da tempo, leggendo un libro.

sabato, marzo 27, 2010

La politica, le bugie che fanno male e il voto, nonostante tutto.

Un paio di giorni fa, durante una sosta in una stazione, ho trovato un libro che volevo leggere da tempo, una raccolta di saggi di David Foster Wallace, intitolata "Considera l'aragosta".
Dopo una rapida occhiata agli argomenti dei saggi (e molto prevedibilmente, per chi mi conosce) ho aperto a metà libro e ho iniziato a leggere "Forza, Simba", che racconta una settimana di campagna elettorale di John McCain nel 2000, ai tempi delle primarie repubblicane contro George Bush.
La grandezza e la miseria di una campagna elettorale on the road sono forse (anche) tutte lì, così come la figura fuori dagli schemi di McCain, di cui abbiamo sentito parlare a distanza di otto anni nella sua campagna elettorale contro Obama.

Ma non è solo questo che mi ha colpito: molti passaggi particolarmente interessanti sono dedicati alla motivazione che McCain dà ai giovani americani, a chi non ha mai votato, ponendosi in modo del tutto nuovo rispetto al resto della politica, in modo nuovo e onesto - e, paradossalmente, molti passaggi riecheggiano quello che otto anni dopo sarebbe stato scritto di Obama, sebbene in altri contesti e modalità.

La politica che mente, che ci toglie speranza e che ci fa pensare che forse sarebbe meglio mollare tutto, cose che ci suonano familiari oggi, dieci anni dopo e in un altro Paese.
E soprattutto, quasi ingenuamente, il male che ci fanno queste bugie (non è l'effetto di tutte le bugie, poi?):

Perché ci hanno mentito, ci hanno mentito tanto, e sentire che ci hanno mentito fa male. in definitiva non è più complicato di così: fa male. [...] per anni continuiamo a imparare dalla cruda esperienza che le bugie fanno male. che ti sviliscono, ti privano del rispetto per te stesso, per chi mente, per il mondo. Specie se le bugie sono croniche, sistemiche, se l'esperienza sembra insegnare che tutto ciò in cui teoricamente dovresti credere altro non è che un grande gioco basato sulle bugie. 
[...] è doloroso sapere che i sedicenti "rappresentanti del popolo" tra i quali si è costretti a scegliere sono tutti impostori la cui unica vera preoccupazione è la propria sopravvivenza e la sussistenza, e che sono disposti a mentire in modo così scandaloso e con una faccia così impassibile da farti capire che devono essere assolutamente convinti che tu sia un idiota. E quindi chi non sbadiglierebbe e non prenderebbe le distanze? Chi non sceglierebbe l'apatia e il cinismo a posto del dolore che provoca il sentirsi trattati con condiscendenza? E chi non si entusiasmerebbe per un politico importante che dia l'impressione di rivolgersi davvero a te come se fossi una persona, un adulto intelligente e degno di rispetto?

E però, nonostante tutto, e anche senza una figura che ci ispiri, penso che andare a votare sia importante, estremamente. Non è mia intenzione farne un trattato, né penso di portare argomentazioni incredibilmente nuove, però credo che conti ancora, che valga.
E domani andrò a votare, contenta di poterlo fare e, pur senza il candidato ideale o perfetto, convinta di chi sceglierò.

martedì, marzo 23, 2010

Imbrigliare l'imprevisto - o forse no: quello che Kublai ci ha insegnato

Alberto e Tito hanno parlato di Kublai sullo European Journal of ePractice. Il titolo è "Harnessing the unexpected", cioè imbrigliare l'imprevisto. Il titolo è spiegato da Alberto sul blog di Kublai:
Dopo due anni di Kublai, forse la cosa più importante che abbiamo imparato è che sul web 2.0 è impossibile prevedere e controllare tutto: tanto vale insegnarsi a non provarci nemmeno, e cercare invece di usare a vantaggio del progetto le molte cose inaspettate che la comunità si inventa.
Lettura consigliatissima (in inglese).

giovedì, marzo 18, 2010

Un kublaiano a South by Southwest

Marco Colarossi è a Austin (Texas) e, con mia grande invidia, sta prendendo parte a South by Southwest, dieci giorni di eventi tra tecnologia, cinema e musica, una manifestazione unica nel suo genere.

Qui c'è il suo racconto, sintetizzato in dieci parole chiave.
Roba da farti venir voglia di prenotare subito per l'anno prossimo.

venerdì, marzo 12, 2010

Lessig alla Camera/ 3 - Avvertenze sui facili entusiasmi


Occhio però che lasciare parlare il Guru in parlamento non significa che il sistema economico-produttivo di questo paese ha capito cosa sta cambiando. Lo si vede per esempio dall'assenza dei tavoli che contano di esponenti economici delle imprese della Rete o chi della cultura della Rete si occupa.

Giovanni Boccia Artieri (qui)

Lessig alla Camera/ 2 - Un dibattito sulla Rete, se c'è

L'incontro con Lessig è stato l'inizio di un dibattito o un'occasione persa?
Per approfondire:
Quello che mi viene in mente è che forse ormai abbiamo idee diverse anche su cosa sia un dibattito su questi temi: per alcuni c'è se se ne parla in Rete, per altri lo è solo se arriva sui media tradizionali (e pare di no, per ora).
Ciò che alcuni suggeriscono è tenere viva l'attenzione, non dimenticare gli stimoli positivi che ci sono arrivati e rendere questo incontro un primo passo.
Vediamo in quanti saranno d'accordo.

Lessig alla Camera/ 1 - La "difesa" della Rete

Prima della lectio di Lessig alla Camera, ho letto di sfuggita una frase di Giovanni Boccia Artieri, piuttosto perplesso sulla scelta di #difenderelarete come etichetta di riferimento del dibattito di ieri: "Perché difendere la Rete?" (e non puntare a *diffonderla*, come poi si è detto?).

 "La Rete va difesa quando ci sono leggi assurde che la negano" scrive Luca Rossi in questo thread molto interessante.
A me sembra ci sia un equivoco di fondo: il momento storico è esattamente quello. E di più: l'idea che si fa passare è che la Rete sia responsabile di comportamenti negativi o criminali che lì non nascono (mi pare lo dicesse ieri anche Gentiloni).
L'idea che si fa passare è che invece di capire ed educare le prossime generazioni (e anche questa, a dire il vero) sia meglio passare per la via più facile, da tabula rasa: chiudere, condannare, persino censurare in modo preventivo, come faceva balenare ancora una volta il viceministro Romani ieri, in modo francamente ridicolo ( con una frase tipo "non trovo il porno su youtube, vuol dire che attuano censura preventiva, no?").

No, la Rete non è "sotto attacco" come in altri posti, ma dare questo taglio a un dibattito del genere in Parlamento non mi pare affatto una idea sbagliata. Questo incontro sarà stato solo una scossa in un dibattito agli inizi? E va bene, allora scuotiamolo, questo dibattito, no?

Internet is Freedom: Lawrence Lessig alla Camera

La lectio magistralis di Lawrence Lessig alla Camera dei Deputati (voce e slide):

La festa scolastica che non è per tutti

Probabilmente, se ci fosse stato un prom, io non ci sarei andata.
Probabilmente sarei stata di quelle che avrebbe preso in giro tutta la frenesia intorno, la scelta di vestiti improbabili, chi invita chi eccetera.
Probabilmente lo avrei trovato ridicolo ma sarei stata dispostissima ad andarci, se solo quello lì mi avesse invitato.
Quello che so è che persino a sedici anni, e senza essere parta in causa, una storia così mi avrebbe fatto incazzare, pur essendo "solo" il divieto di andare a un prom.
Tutta questa gente piena di paura di nonsisabenecosa, e che magari si riempie la bocca di parole come "dannazione", dovrebbe pensarci, all'eventualità di avere ragione. Metti che l'inferno esista davvero, chissà se si divertirebbero alle feste esclusive.

giovedì, marzo 11, 2010

Note terminologiche sulla società dell'informazione/2

Il concetto di autorità come "avere la prima parola" (non l'ultima) - sempre secondo David Weinberger:
there are some aspects of it that I like. 1 I do think that we are moving away in some areas from thinking that we have to settle issues; we are finding much value in the unsettling of ideas, for that allows for more nuance, more complexity, and more recognition that our ability to know our world is quite limited. 2 And I do think that there is a type of expertise that has value as the first word — think about some of your favorite bloggers who throw an idea out into the world so the world can plumb it for meaning, veracity, and relevance. 3 Finally, I do think that insisting on having the last word — and thus closing the conversation — often will be seen as counter-productive and arrogant.
(qui la prima parte)

lunedì, marzo 08, 2010

I limiti di Rahm Emanuel e quelli della politica as we know it

Ho letto d'un fiato il lunghissimo e bell'articolo del New York Times su Rahm Emanuel e il difficile compito che gli compete. Molti i temi, dal rapporto tra chief of staff e presidente alle difficoltà di governare, in un contesto complesso e tra mille, contrastanti necessità di politica e politiche.

Il fascino di un lavoro, il contrasto, la ruvidità, anche: il racconto vale la pena di essere letto.

Molte sarebbero le cose da dire, e alcune le ha già scritte Francesco qui.
Io mi limito a rimuginare un po' di riflessioni personali e - ma la cosa non è affatto correlata - vado a iniziare "The audacity to win", che è sul comodino già da un po'.

domenica, marzo 07, 2010

Via Riva di Reno, quando c'era il Reno

Ho abitato per anni nei pressi del luogo in cui è stata scattata questa foto e per anni, nei milioni di volte in cui l'ho percorsa, mi sono chiesta com'era via Riva di Reno quando ancora il Reno era visibile.

Grazie a Roberta per avermelo mostrato.
(la foto è del 1955)

martedì, marzo 02, 2010

La blogosfera politica europea: venti consigli di lettura

Per chi fosse interessato a saperne di più di Europa, delle sue istituzioni e anche dell'aspetto "tecnologia e politica" (a me molto caro), segnalo il blog di Julien Frisch, uno dei miei punti di riferimento.

Qualche giorno fa Julien ha pubblicato un post in cui segnala venti donne e relativi blog della "Euro-blogosfera"- un termine orrendo a leggersi, ma, insomma, avete capito di che si tratta: parlamentari, giornaliste, lobbiste, impegnate nella discussione politica a livello europeo, in varie lingue e contesti.
(molto generosamente, è inclusa anche la sottoscritta, ma non fateci troppo caso)

Direi che si tratta di ottime indicazioni, se vi interessa il tema e allargare un po' l'orizzonte delle letture.

Il giornalismo come ecosistema

Il giornalismo come ecosistema in costante cambiamento, nelle parole di Dan Gillmor:

The regular people who capture important videos and pictures — or who blog authortitatively what they’ve seen, etc. etc. etc. — are not journalists. But they have committed acts of journalism, profoundly important acts of journalism. That is their role — or more accurately one of their roles — in the ecosystem, and it’s becoming at least as important as any other role including the one played by the people who do it for a living or for a few freelance dollars.

Just as reporter shield laws (assuming we should have them) should protect journalism, not the people who are accredited or licensed to be journalists, in these awards — and in everyday life — it is the act of journalism we should be celebrating.

Note terminologiche sulla società dell'informazione

Secondo David Weinberger (che così saluta la cosiddetta Società dell'informazione):

Over the past decade, we’ve gone from talking about social circles to social networks. A circle draws a line around us. Networks draw lines among us.

lunedì, marzo 01, 2010

Internet freedom?

Un lungo pezzo di Ethan Zuckerman, a partire da una provocazione:

I strongly believe that we need strong, anonymized and useable censorship circumvention tools. But I also believe that we need lots more than censorship circumvention tools, and I fear that both funders and technologists may overfocus on this one particular aspect of internet freedom at the expense of other avenues. I wonder whether we’re looking closely enough at the fundamental limitations of circumvention as a strategy and asking ourselves what we’re hoping internet freedom will do for users in closed societies.

So here’s a provocation: We can’t circumvent our way around internet censorship.