martedì, novembre 24, 2009

Il presidente Obambi?

Dopo averlo definito Obambi in campagna elettorale, Maureen Dowd non è per niente tenera nel giudicare il recente comportamento di Obama da presidente:

People need to understand what the president is thinking as he maneuvers the treacherous terrain of a lopsided economic recovery and two depleting wars.

Like Reagan, Obama is a detached loner with a strong, savvy wife. But unlike Reagan, he doesn’t have the acting skills to project concern about what’s happening to people.

Obama showed a flair for the theatrical during his campaign, and a talent for narrative in his memoir, but he has yet to translate those skills to governing.

As with the debates, he seems resistant to the idea that perception, as well as substance, matters. Obama so values pragmatism, and is so immersed in the thorny details of legislative compromises, that he may be undervaluing the connective bonds of simpler truths.

All'inizio del pezzo aveva già approfittato del gran parlare attorno al libro di Sarah Palin per un paragone (strumentale) tra il presidente e la - spesso ridicolizzata - ex candidata del partito repubblicano.
L'espediente serve anche per sottolineare il mancato seguito dato al movimento grassroots che ha sostenuto il candidato Obama, ma che ora appare spesso dimenticato dal presidente Obama:

It’s time for the president to reinvent this formula and convey a more three-dimensional person.

Palin can be stupefyingly simplistic, but she seems dynamic. Obama is impressively complex but he seems static.

She nurtures her grass roots while he neglects his.

Certo, non è tutto qui, l'analisi non è precisa e articolata.
Però devo dire che ha un certo riscontro con una serie di discorsi che ho sentito in questi giorni da parte di amici americani presenti a PDF Europe e molto coinvolti nel mondo della politica.
La sensazione di staticità su alcuni argomenti (Afghanistan?*) e le promesse non mantenute (soprattutto per i diritti della comunità LGBT, ora piuttosto arrabbiata) sono argomenti molto discussi tra chi ha creduto in Obama, lo ha sostenuto e votato e ora non sa più quale sia la sua agenda politica - almeno questa è la mia impressione, ascoltando.

Poi c'è un'altra questione, particolarmente cara a chi si è occupato di comunicazione online, di gestione del movimento grassroots, del successo che è stato legato alla Rete, più o meno a proposito: il mancato spazio al movimento che lo ha sostenuto, a partire da alcune nomine (i posti chiave nell'amministrazione non sono andati a chi ricopriva i corrispettivi ruoli nello staff della campagna elettorale) fino all'assenza di importanza data a quelle istanze, a quelle persone.

Certo, Obama governa da meno di un anno ed è comunque molto impegnato in una battaglia, quella sulla riforma sanitaria, che potrebbe essere determinante su molti fronti.
Forse ha ragione Paolo, i movimenti entrano in sonno quando raggiungono il loro scopo. Il mio dubbio è che non si siano addormentati loro, ma che piuttosto si siano ritrovati senza la direzione e l'importanza che avevano in campagna elettorale - ma su questo vorrei approfondire e sentire opinioni.

Il rischio è che alzare così tanto - e volontariamente - le aspettative gli si ritorca contro in modo ben più pesante di quanto accaduto fino ad ora.
Il tempo da candidato "inspirational" è finito, vediamo come se la caverà, piuttosto, il pragmatico presidente Obama.


Aggiornamento ore 20.50: ho trovato un articolo di Jeffrey D. Sachs sulla paralisi politica americana, dal titolo "Obama in chains"

*una decisione è annunciata per i prossimi giorni

giovedì, novembre 19, 2009

Personal Democracy Europe a Barcellona (20-21 novembre)

Domani e sabato a Barcellona si terrà la prima edizione europea del Personal Democracy Forum.
Sono molto contenta che questo appuntamento - che seguo da tre anni negli USA - sia arrivato anche qui, con l'obiettivo di analizzare il rapporto tra tecnologia e politica e, in prospettiva, anche contribuire a creare una comunità permanente di persone che lavorano nel settore e riflettono su questi temi. E sono molto contenta che ci siano diversi italiani in programma (giorno 1, giorno 2) a discutere su questi temi in una prospettiva più ampia di quella di casa nostra, ne verranno fuori riflessioni interessanti.

La conferenza non è trasmessa in streaming ma tutto verrà registrato e messo online nei giorni successivi. Se però siete interessati potete seguire quello che verrà detto su Twitter col tag #pdfeu

Oltre a dare una mano all'organizzazione, venerdì sarò moderatrice di un panel intitolato "How Blogs are Transforming Politics". Sarà utile confrontare il processo avvenuto negli Stati Uniti con quello che sta accadendo in Europa, grazie agli speaker John Aravosis (USA), Heidi Nordby Lunde (Norvegia), Mick Fealty (Irlanda del Nord) e Nicolas Vanbremeersch (Francia).

Penso che tra i punti più interessanti ci siano alcune domande:
- come le "blogosfere politiche" nazionali si sono formate e se ci siano opinion leader che hanno creato contatti e relazioni con i media
- se c'è un interesse per questioni non solo nazionali ma a livello europeo
- le sfide che i blogger pongono ai mainstream media, se c'è collaborazione o conflitto, e come questo rapporto si articola.

Mi rendo conto che sembra fantascienza pensando a quello che (non) succede in Italia, ma dai primi scambi di opinioni con gli speaker sono emerse considerazioni inaspettate e spero accadrà altrettanto nel confronto col pubblico.
Non credo potrò fare una cronaca in tempo reale, ma se ci sono osservazioni mi piacerebbe portarle nel dibattito, e di sicuro ne scriverò la prossima settimana, al mio rientro in Italia.

Saluti da Barcellona! :)

martedì, novembre 17, 2009

Troppo giovani per esistere: Capitale Digitale under 21

Un biglietto di auguri ricevuto per il mio ultimo compleanno diceva "sei ancora troppo giovane per esistere" (frase che mi ripete spesso un'amica e, ormai, anche molti altri).

La frase mi è tornata in mente leggendo l'invito a "Under 21 - nativi digitali", un evento organizzato da Capitale Digitale, che coinvolgerà giovanissimi già molto brillanti.
Purtroppo non sarò presente, ma devo dire che sarei stata curiosa di ascoltarli: un approccio nuovo, forse ingenuo, chissà, di sicuro un po' di "aria fresca".

Un paio di loro li ho già incrociati: Nicola Greco in particolare a Venice Sessions, dove è stato un oratore incredbilmente spigliato, e Marco De Rossi un paio d'anni fa al Festival della Creatività (dove stavo praticamente per chiedergli la carta d'identità perché 17 anni erano troppo pochi per tutto quello che aveva già fatto).
L'impressione che ho avuto in entrambi i casi è di persone intraprendenti e capaci, determinate e per niente spaventate dal mondo "dei grandi". I quali "grandi" faranno bene a dar loro opportunità senza mettere pressione, ché il cinismo si fa sempre troppo in fretta a impararlo e fa atrofizzare l'entusiasmo.

Poi mi verrebbe di dire qualcosa a loro, ma fa quasi impressione pensare di dare consigli a gente che ha 10-12 anni meno di te (quando tu hai un po' di esperienza, ma non così tanta più di loro, a quanto pare) e lavora, di fatto, nel tuo settore.
Allora, alla fine, direi loro quello che dico spesso a me stessa: di non perdere l'entusiasmo, di trovare stimoli nel proprio lavoro e di avere il senso delle cose, del contesto, dell'età. Di avere un po' di fretta, ma di non confonderla con l'ansia.
E poi, beh...in bocca al lupo!

venerdì, novembre 06, 2009

Un souvenir qu'on va chérir

C'è stata una sera, ormai un paio d'anni fa, in cui sono tornata a casa riflettendo su alcune cose e dicendomi "adesso appena torno a casa le scrivo sul blog".
Beh, era un periodo particolare, in cui questo blog era molto più una specie di diario, dove molto più spesso raccontavo le cose che facevo e la mia vita quotidiana, anche perché abbastanza fuori dal comune, in quei mesi.
Ma più di tutto ho pensato che volevo farlo per ricordarmi alcune cose precise, perché sapevo che molto più probabilmente le avrei rilette, ripercorrendo quei mesi attraverso le cose scritte qui. E così è stato.

Stasera sono tornata a casa pensando più o meno la stessa cosa, ma non a seguito di particolari riflessioni (cosa che sembra non riuscirmi ultimamente), ma della semplice constazione che oggi - o ieri, o due giorni fa, non so con precisione - ho raggiunto un traguardo. Non so se dovrei definirlo sogno oppure obiettivo, fatto sta che è lì, era un desiderio forte e ce l'ho fatta a realizzarlo.

Me ne sono resa conto oggi, tra il lavoro e l'acquazzone che mi sono presa, tra un incontro in libreria e un panino mangiato al volo, e non ho nemmeno davvero esultato, pur sentendomi davvero soddisfatta.
Ho pensato che forse ormai è così, che a meno di un lavoro per cui vinci campionati (o elezioni? mh), il momento in cui raggiungi qualcosa a cui tieni arriva di solito in un marasma di impegni, piccole incombenze quotidiane, progetti di vario tipo e forme assortite di "fare andare avanti la baracca". Hai appena il tempo di guardarti intorno, chiederti se l'hai davvero fatto tu, e come, e quando, e se è merito tuo o hai avuto fortuna.
Ma molto in fretta, mentre guardi alle cose che hai in mano e sbirci un pochino avanti, mentre cerchi parole per le cose che fai, mentre accumuli libri da leggere e fogli con appunti per cose che un giorno forse scriverai. Mentre ti chiedi se ci sono altre cose che vuoi, altri obiettivi, e ti accorgi che non hai il tempo di fermarti a pensare nemmeno più a quello.
E che questo è difficile da capire e forse più ancora da accettare, che la vita sia fatta sempre meno di grandi momenti, e prepararsi per qualcosa, prepararsi a qualcosa, è semplicemente quello che facciamo per la maggior parte del tempo, spesso senza rendercene conto, assorbendo la provvisorietà che è in quasi tutto e tenendoci stretto quel poco che - per incredibile fortuna o bravura - precario non è.

giovedì, novembre 05, 2009

Prove di SuperFlash

Da qualche anno mi capita (!) di avere uno stipendio e di dovermelo gestire da sola. Ovviamente la prima necessità (oltre ad averlo, lo stipendio) è di semplicità massima.
In questo senso la principale rivoluzione è quella chiamata home banking: poter gestire le operazioni dal computer, a casa mia, senza file chilometriche in banca.
Devo dire che in questo senso non mi posso lamentare di quella che da un paio d'anni è la mia banca, Intesa San Paolo: pago affitti e bollette, ricariche, controllo gli accrediti, il sistema è piuttosto semplice. Insomma, niente cose superflue in questa gestione dell'economia della sottoscritta, altrimenti mi incasino.

Però da diverse settimane continuavo a vedere la pubblicità della carta SuperFlash sulla homepage del sito della banca ogni volta che lo aprivo e mi ero incuriosita. Solo che poi l'idea di una fila in banca per chiedere informazioni mi faceva desistere.
Per una curiosa combinazione (ché non è un argomento di cui capita di parlare di solito) qualche mese fa sono stata contattata da Banca Intesa per provare la carta e usarla un po', e quindi mi sono decisa.

Sono diligentemente andata in una filiale vicino casa mia (dove *non* ho fatto la fila) e un gentile impiegato mi ha spiegato tutte le funzionalità per filo e per segno.
Devo dire che, quando ho avuto in mano la carta, la prima cosa che ho pensato è stata "ehi, ora ho due carte di credito!" - effetto deleterio di troppi film americani (poi ovviamente subito dopo mi son detta "scema, ma i soldi sono sempre quelli!*").
La carta superflash, in effetti, funziona sia come carta di credito che come bancomat, in modo assolutamente analogo. In più però funziona come un conto, sia perché alla carta è associato un IBAN (dove farsi accreditare il fatidico stipendio di cui sopra), sia perché puoi gestire tutte le operazioni anche da Internet, nella modalità home banking di cui sopra.
All'atto della consegna della carta mi è stata infatti data anche la o-key (che conoscevo bene, essendo già cliente Intesa), un dispositivo elettronico che fornisce un codice numerico a ogni accesso e operazione, per rendere più sicuro il tutto.

Insomma, ho fatto normalmente le operazioni che faccio di solito: prelievo, pagamento, una prova di accredito. Ecco, tutto molto semplice, la cosa per me fondamentale, anzi quasi quasi la consiglio a quegli scapestrati dei miei fratelli all'università (così almeno ogni mese non stiamo col timore che prosciughino il conto di famiglia).

Un appunto frivolo?
Beh, l''effetto che fa usare due carte di credito! ;-) A dirla tutta questa cosa mi è anche servita una volta: all'ennesimo acquisto dell'ultimo minuto di biglietti del treno al call center di Trenitalia decidono misteriosamente che la mia carta solita non va bene:
"Ma come, è una MasterCard"
"No, non me la prende, signorina"
"Ma ci ho pagato una cosa ieri"
"Mi dice che la carta non è valida...ma non ne ha un'altra?"

E lì, sentendomi eroina di romanzi femminili, dico "ehi, sì!" e agguanto la superflash, portando a termine l'acquisto.
Ora, però, l'unico problema è che ora mi sarò pure abituata all'idea di avere due carte, ma...ho sempre uno stipendio solo!


*sulla carta erano caricati 100 euro con cui ho fatto qualche piccola spesa

lunedì, novembre 02, 2009

I sondaggi pre-elettorali spiegati ai cittadini (ok, del New Jersey, ma comunque)

Nate Silver di FiveThirtyEight propone una sintesi dei sondaggi pre-elettorali sull'elezione del governatore del New Jersey.

In un'elezione dal risultato ancora in gioco (alcuni sondaggi danno i due candidati alla pari), trovo piuttosto interessante una spiegazione di questo tipo.
Purtroppo non ho la competenza necessaria per essere d'accordo o contestare quanto viene detto, ma mi piacerebbe davvero molto che i risultati dei sondaggi venissero esposti in modo così articolato anche ai "comuni mortali": magari smetteremmo di farci prendere dall'ansia dei numeri, magari verrebbe sparato a caso qualche numero in meno, magari avremmo qualche elemento in più per orientarci nella giungla di cifre.
O magari no, eh, ma se non altro qualcuno dovrebbe sforzarsi un altro po'.

Ovviamente se qualcuno ha cognizione di causa su queste cose mi farebbe piacere saperne di più.

Factcheck.it: un percorso di ricerca per raccontare la realtà. Partendo dai fatti.

Raccontare la realtà partendo dai fatti: sembra quasi banale dirlo, ma banale non è, lo sa bene chiunque fruisca dell'informazione con un minimo di senso critico.
Lo spiega bene Sergio Maistrello:

Da tempo ragiono sul fatto che forse il factchecking potrebbe essere una dignitosa via d’uscita dalla pericolosa fase di involuzione della vita democratica italiana, dove chi parte per la tangente detta le regole del gioco e si porta dietro tutti, invece di essere energicamente richiamato all’ordine.

Noi tutti crediamo di partecipare attivamente alla ricerca della verità e del bene comune indignandoci per i fatti che ci vengono riportati, alimentando passaparola spesso isterici e confezionati in modo ideologico, aggiungendo furore a dettagli incompleti e imprecisi. Facciamo, in realtà, proprio quello spesso ci si aspetta da noi: confondere ulteriormente la realtà. Crediamo di ergerci a protagonisti della nostra storia, invece siamo solo il coro greco sullo sfondo della tragedia di una civiltà.



Ed è appunto qui che FactCheck.it prova a fare qualcosa di diverso, nella sua normalità: "un osservatorio spontaneo, nato per studiare le tecniche e dare visibilità a chi si impegna sulla via della riscoperta dei fatti. In questa fase si propone l’unico scopo di tenere traccia degli esperimenti e segnalare risorse a tema. È aperto alle riflessioni e alle segnalazioni di tutti.".

Buon lavoro, allora. E grazie.