domenica, marzo 16, 2008

10 domande/2. La blogosfera politica e la consapevolezza dei candidati: sfatiamo i miti, ma anche no

[Ri-disclaimer: lavoro al progetto 10domande, ho seguito 10questions che ne ha creato il format e ne ho anche scritto in passato. Per dire che sento anche un legame “affettivo” con questa iniziativa. Insomma, ci credo.]

Altre osservazioni sparse.
Il post precedente finiva con questa frase "Sono convinta che la nostra massa critica si farà con processi non del tutto prevedibili, che avranno somiglianze, ma anche (soprattutto?) differenze e peculiarità rispetto ad altre nazioni. Insomma, non ha senso misurare aspettandosi le stesse tappe."
Parlando di 10domande la parola esperimento è d'obbligo. E non per una forma di giustificazione ma perchè è quello che è. Con tempi tanto ristretti prima delle elezioni abbiamo avuto poco tempo per ripensare il format di 10questions adattandolo alla realtà italiana.

Il progetto originario godeva dell'appoggio di attivisti e della cosiddetta blogosfera politica di cui sopra, un consenso bipartisan, lo ricordo.
Qui un altro appunto. Si parla spesso dell'assenza di blog politici di rilievo mentre negli Stati Uniti i giornalisti scrivono sui blog, i blogger diventano giornalisti e comunque, in generale, alcuni di loro sono diventati opinion leader seguiti dal pubblico e (forse per questo?) rispettati dai media tradizionali e dai candidati. Sto banalizzando, sia chiaro.

In realtà, va detto, anche negli Stati Uniti i blog politici sono ben lontani dall'essere pervasivi come mostra l'ultima di molte ricerche condotte sul tema. Però, come ben sintetizza Emiliano Germani su Spindoc:
Anche se molti internauti americani non li leggono o non li reputano affidabili, i blog politci esercitano una forte influenza mediata sull’opinione pubblica attraverso due canali: condizionano le strategie delle campagne elettorali e incidono sulla copertura da parte della stampa dei candidati e dei temi in discussione”.

E i candidati?
Lo scorso maggio Andrew Rasiej e Micah Sifry hanno lanciato una sfida dal palco del Personal Democracy Forum chiedendo "Who will be America's First TechPresident?". Hanno poi fatto un'approfondita analisi con tanto di voti per tutti i candidati democratici e repubblicani relativamente alle loro proposte politiche sulla tecnologia, con voti da A- a F.

Insomma, i candidati negli USA stanno facendo grandi cose in Rete per la loro campagna elettorale ma con gradi diversi di consapevolezza. Parte della differenza sta nei candidati, ma anche nella cultura organizzativa della campagna elettorale, che si evolve, capisce, adatta e utilizza il valore di ogni nuovo strumento.

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