giovedì, maggio 31, 2007

Ground Zero

Sabato scorso Ground Zero.
Non ho scattato foto di proposito, io che tra un po' scatto foto pure ai cestini dell'immondizia.
Per una serie di motivi ma fondamentalmente perchè non ha senso.

Il fu World Trade Center e il wannabe qualcos'altro. Ci sono le ruspe che costruiscono, anche di sabato, anche dopo gli orari di lavoro. I tabelloni che parlano del progetto della Freedom Tower. Foto della tragedia, della cronologia della tragedia, dei soccorritori, alcuni dei quali sono morti proprio durante il loro operato, proprio dopo essere stati immortalati dalle foto. E forse è un modo per ricordarli ma a me pare crudele
Gente che guarda, che scatta foto. Sì, ma a cosa? Al volersi sentire parte di qualcosa a tutti i costi?
Sì, quelle immagini le abbiamo viste tutti e non le dimenticheremo e forse ricorderemo sempre dove eravamo quel giorno, a quell'ora. Probabilmente la nostra società, il nostro mondo è stato cambiato quel giorno.
Ma le foto, il non accontentarsi di essere partecipi, il voler a tutti i costi "esserne parte" mi sembra fuori luogo. Dico a me, alla mia sensibilità. Io non so (e spero di non saperlo mai, beninteso) cosa vuol dire esser preda di un attacco terroristico, perdere persone care, vedermi letteralmente crollare il solito mondo addosso, subire quella che è una ferita da mille punti di vista.
E, se lo sapessi, mi darebbe un po' fastidio uno che pensa di capirlo, di parlarne, di esserne parte scattando una foto a me o al mio mondo che non c'è più.


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Cronaca di un lungo weekend rambling- mode/ 1

Venerdi: dopo l'orario di ufficio tutti al MoMA !! Ubriacatura di arte moderna e contemporanea e visita alla sezione "fotografia" - un po' ridotta, per quel che ho visto.
Hint: il venerdi l'ingresso è gratuito dalle quattro alle sei e il museo resta aperto fino alle otto e mezza (di solito chiude tre ore prima).

Cena a pochi isolati di distanza presso luogo denominato "il carretto del kebab", uno dei migliori mai mangiati. Il carretto è all'incrocio tra la Sesta Avenue e la 53esima strada ed è sempre lì, almeno a giudicare dal fatto che ha addirittura le buste apposite gialle e rosse con tanto di indirizzo e slogan. Gente che accostava con la macchina e vi ritornava con una decina di piatti di kebab da asporto. Fila di mezz'ora, ma ne è valsa la pena. Consiglio la scelta del beef, ma anche il misto beef+chicken non è male.

Sabato: Staten Island. Essendo le persone meno organizzate del continente, anzi sia di quello di provenienza che di quello dove attualmente viviamo, siamo partite con l'unica idea di andare a Staten Island e una serie di nozioni che si riassumevano più o meno con "Staten Island è un'isola". O giù di lì, ecco.
Alla fine abbiamo rimediato una guida in cui si parlava del Historic Richmond Town, una sorta di ricostruzione di una cittadina del Settecento. Ora, ci sono stati ritrovamenti un po' in tutta la zona circostante e le case sono state spostate (ebbene sì) in un luogo solo. Molti dei mobili in realtà sono stati riprodotti quindi di cose originali, nonostante l'apparenza, ce ne sono pochine.
E mi fermo qui altrimenti di questo passo scivolo nello snobismo da turista italiano della serie "niente è abbastanza storico per me". Poi, da dire, alla modica cifra di dollari 3.50 (ok, 5 dollari, ma noi siamo giovani e ci siamo spacciate per studentesse) la visita guidata da gente in costumi tipici e quella al museo storico - con simpatica sezione giocattoli - non è stata male.

Al ritorno giro per Lower Manhattan: City Hall (e parco delizioso con dei bellissimi lampioni - ho delle foto da qualche parte) e Ground Zero.
Poi il tribunale, Tribeca e serata al Greenwich Village (I heart Greenwich Village!!), dove, dopo cena abbiamo preso la metropolitana con il GGG (Giovani Gay di Greenwich - ho inventato il nome btw). Tutti sembravano essersi dati appuntamento alla nostra fermata per andare downtown. Tutti erano più caciaroni degli italiani - sì, ci autoconsideriamo metri di paragone per questo.
E, sia detto senza la minima ironia, quasi tutti ci davano punti in quanto a femminilità. Sic.

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mercoledì, maggio 30, 2007

Obiettivi under the sun

Oggi pranzo a Central Park seguito da esposizione al sole stese sul prato.
Io e Gloria stiamo seriamente lavorando al progetto di non tornare in Italia ad agosto bianche come mozzarelle.
Ognuno ha la progettualità che si puo' permettere.

martedì, maggio 29, 2007

Brooklyn. Bridge.


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Ieri sono stata sul ponte di Brooklyn.
No, davvero.


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Benjy, The Purple State e un nuovo inizio

All'inizio dello scorso anno, appena tornata in Italia dagli Stati Uniti, un'amica studentessa al Vassar College mi ha messo in contatto con Benjy Sarlin, che aveva in progetto di scrivere una tesi sui blog politici negli USA. Dopo un anno e mezzo passato a scriverci mail e commenti sulle rispettive tesi (senza esserci mai incontrati) ho finalmente avuto l'occasione di conoscerlo qualche settimana fa quando sono tornata al Vassar College per un weekend.

Ieri Benjy si è laureato con lode in Scienze Politiche e la sua tesi sui blog politici gli ha anche fatto vincere il "Jane Dealy Wirsig Memorial Prize for Journalism".
Poi, quando si dice "il ragazzo farà grandi cose": tra una settimana comincia il tirocinio estivo nientemeno che a Talking Points Memo, cioè praticamente il meglio che gli potesse capitare. E, dopo aver lasciato la sua creatura, il blog collettivo The Purple State, agli studenti di Vassar, sono sicura che presto farà capolino un suo blog personale.

Una delle cose che ho pensato dopo il mio primo soggiorno negli Stati Uniti è che c'è una serie di cose che non possiamo capire di un altro popolo se prima non viviamo in quei luoghi, se prima non parliamo e non conosciamo abbastanza a fondo le persone che ci vivono. Per gli Stati Uniti è tanto più vero, quanto più crediamo di conoscerli per il solo fatto di sentirne parlare tutti i giorni da tv e giornali.
La mia attitudine verso il nuovo è all'incirca quella dei bambini seduti sulle sedie troppo alte: mi muovo, agito le gambe e divento irrequieta finchè non capicsco quello che non mi è chiaro
Per quanto riguarda gli USA sono stata fortunata perchè negli ultimi due anni ho conosciuto e frequentato persone disposte a parlarmi di sè, a spiegarmi e più spesso a farmi capire (senza nemmeno troppo bisogno di spiegarmelo).
Benjy, pur non essendoci mai frequentati, è una di queste persone. Grazie e in bocca al lupo!


lunedì, maggio 28, 2007

La velocità del cambiamento

Anche nelle conferenze tradizionali le conversazioni più interessanti sono sempre quelle che si fanno negli interstizi. Il cambiamento è lì - e dove, altrimenti?

Ed Cone, critico su certi aspetti del Personal Democracy Forum e, soprattutto, ansioso che il cambiamento che nasce dal singolo sia più rapido di quelli che ci sono stati fin ora.


"Maybe this is the way it works now, with this networked technology, in small steps taken by individuals and groups. No mass-audience moment, no celebrated tipping point like the televised Nixon-Kennedy debates, but a million loosely linked events and projects distributed across the country and the Net, with big changes coming from the bottom up.

Or maybe a generation spoiled by the concept of accelerated "Internet time" expects too much, too soon when it comes to something so large and essentially conservative as a national political campaign. Chris Anderson, the editor of Wired magazine and author of "The Long Tail," an influential book about markets in the age of the Internet, told me in an interview last year that "change does not happen at the pace of technology. ... Change happens at the pace of generations."

("Waiting for the revolution", articolo pubblicato oggi sul News&Record di Greensboro, NC)


Il cambiamento, ha detto Chris Anderson, avviene secondo i ritmi delle generazioni.
Forse, sostiene Ed, non c'è tutto questo tempo e dobbiamo accelerare.

Girare per New York ai tempi dell'organizzazione atipica


Il banco della limonata
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La mia modalità di vita qui è a metà tra la turista "ben informata" e la persona che lavora.
Quindi faccio otto ore di lavoro al giorno da lunedi a venerdi e nel weekend invece di riposarmi vado in giro, solitamente non per vedere cose iperturistiche (un po' le ho già viste, del resto), ma quartieri, eventi e cose meno note. Il che vuol dire sonno poco e gestione delle cose "casalinghe" fatta la sera tardi o la mattina presto.

La cosa che mi lascia più perplessa è l'organizzazione che tendiamo ad avere con le altre amiche in analoga condizione, la dinamica è ricorrente:
- ci organizziamo il giorno prima
- siamo quasi tutte e quasi sempre strategicamente in ritardo a ogni appuntamento
- finiamo per fare tutt'altra cosa!

Poi la cosa non è necessariamente un male, specie perchè siamo ancora nella fase in cui finiamo in posti assurdi con la metropolitana (va detto che ci sono un sacco di lavori in corso) e di solito c'è sempre qualcosa di bello o di interessante, non fosse altro che osservare come cambia lo scenario urbano, vedere come vive la gente e come a volte New York sia estremamente diversa da New York. Leggi: dallo stereotipo che abbiamo di New York.

[chè tanto se uno vuole New York in modalità stereotipo basta andare a Times Square, eh]

venerdì, maggio 25, 2007

"Climate change", casomai uno se lo chiedesse

Cities are responsible for three-quarters of the world’s energy consumption, and as such, the world’s largest cities have a critical role to play in the reduction of carbon emissions and the reversal of dangerous climate change.
Se sto in ufficio ho quasi freddo.
Quando sono uscita per la pausa pranzo ho seriamente considerato l'opzione "domani mi metto il costume da bagno e vado a prendere il sole al parco".
Escursione termica incalcolabile.
Poi, qui a New York, organizzano i summit operativi sul cambiamento climatico, eh.

2008: la campagna elettorale sullo schermo di un computer (to be continued...)

Molto ci sarebbe da dire e molti sono stati gli spunti interessanti ricevuti dalle persone che ho incontrato lo scorso weekend al Personal Democracy Forum, talmente tanti che sto facendo una certa fatica a riordinarli e dar loro una forma compiuta e comprensibile, al di là della passione palpabile nella gente che ho conosciuto, dell'estremo impegno che è dietro a tanti progetti interessanti, e del grande entusiasmo che l'esperienza mi ha dato.

Ad esempio si è parlato molto della campagna elettorale via YouTube - e io stessa ne avevo scritto altrove qualche tempo fa.
Per cominciare, quindi, ecco il video che è stato trasmesso alla fine della sessione mattutina, si intitola "2008: A web video odissey" ed è stato realizzato da PoliticsTV.





Beh, è solo l'inizio...

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giovedì, maggio 24, 2007

Poche donne in Rete? Un falso problema (dice Danah Boyd)

Al Personal Democracy Forum ho avuto la fortuna di conoscere Danah Boyd e di chiacchierare un po' con lei. In vista del FemCamp ho pensato che non c'era migliore occasione per parlare un po' della presenza femminile in Rete.
L'intervista è su Apogeonline.
Oltre ad essere molto gamba - e questo era facile intuirlo - Danah è anche estremamente simpatica. Spero di averle reso giustizia.

mercoledì, maggio 23, 2007

Rumore di fondo - Ricordando Falcone

(questo pezzo è stato scritto da mio fratello Vincenzo nell'anniversario dei 15 anni della strage di Capaci; è stato pubblicato su Babylonbus e li' lo trovate per intero, ora in homepage e poi comunque tra gli editoriali. Nota del tutto personale: io, in generale e in particolare, sono fiera di lui - questo però c'entra relativamente, forse...)

Ci viene detto che, nella nostra vita, abbiamo infinite strade, possiamo battere sentieri diversi, assumendoci la responsabilità dei passi fatti in avanti, di quelli indietro e nostra è la responsabilità della polvere che scostiamo dai nostri calzari. Pestare l’asfalto, lasciare le nostre orme sulla terra umida, senza alcuna scrittura a guidarci, solo portati avanti dal nostro moto interno, dalla nostra tensione a desiderare, a volere qualcosa di meglio per noi stessi. Non c’è un destino, o forse si, ci dicono, ma noi non lo vediamo, ci sfugge.
[...]

Diavolo, possono puntarci un fucile alla testa, possono minare di ostacoli il nostro cammino, ma arriveremo a quanto ci siamo prefissati. E pazienza se a metà del percorso potremmo non farcela. Qualcuno, qualche nostro vecchio amico, con le nostre stesse convinzioni, con la nostra stessa, unica, strada da percorrere, ci aiuterà a rialzarci e se non ce la faremo, porterà avanti ciò che abbiamo lasciato incompiuto.

Ed è un cammino che non si ferma, è una strada lunga, che neanche il vento riesce a percorrere tutta, che neanche il puzzo del fallimento riesce ad invadere. E’ lunga. E se ci voltiamo indietro, non vediamo più il punto d’origine, ma solo tanti, che come noi, seguono la stessa strada. Camminano, uniti, compatti, come tante schiere che avanzano, pacifici, forse con meno consapevolezza di noi, forse con meno volontà individuale, ma con il conforto della solidarietà, dell’unione sotto un’unica bandiera, per un unico scopo, loro, vivi, camminano al nostro fianco.

Ci superano, se cadiamo, ma non ci dimenticano. Non dimenticano i passi che noi abbiamo fatto avanti, non dimenticano la strada che abbiamo tracciato e che per primi, abbiamo liberato dalla polvere. Le nostre orme sono lì, impresse nella terra, memorizzate dall’asfalto. La massa pacifica avanza assieme, in quel silenzio assordante che è la nostra fede, la nostra convinzione, la nostra fiducia in qualcosa che non vediamo, ma che sappiamo, di sicuro, che prima o poi succederà.

Il nostro cammino prosegue. La strada è lunga.
Ciao Giovanni.

Vincenzo

lunedì, maggio 21, 2007

Cosa ci rende forti - the kids edition

Domenica mattina.
Chiesa cattolica di Harlem.
Venti bambini che fanno la prima Comunione.
Il sacerdote scende dal pulpito per fare l'omelia tra i banchi e parla della testimonianza della fede.
Poi nel discorso chiede: "Cosa ci rende forti?"
"Le verdure" risponde un bambino piccolissimo.
"Le mele" fa un altro.
"Il latte" dice un terzo.

(poi una delle bambine che fa la prima comunione dà una risposta "religiously correct" ma è stato davvero un bel momento per tutti)


venerdì, maggio 18, 2007

Per fortuna putroppo il server oggi era in catalessi*...

(post con momentanea assenza di link)


*quindi niente posta esterna e interna su outlook, il che ha creato problemi a tutto il Consolato e ne ha risolti altri - eminentemente miei


La giornata di oggi:
- rassegna stampa (di mattina, mai consegnata per altri impegni prioritari...non c'era davvero niente di che)
- stampa inviti per la festa della Repubblica (tutto il giorno e ancora non è finita)
- incontro del Console Generale con l'assessore all'ambiente di Roma che era qui per il Climate Summit (io e Gloria abbiamo assistito e preso appunti, parecchio interessante)
- pranzo alle Nazioni Unite in rappresentanza del Consolato, l'occasione era Torino-Piemonte food festival...come dire che abbiamo mangiato e bevuto alla grande (l'evento merita ulteriore approfondimento)
- ancora lavoro per gli inviti (again and again and again)
- relazione sul Climate Summit che si è tenuto in questi giorni a New York (e pure qui l'approfondimento ci starebbe)
- preparazione spirituale e non solo al Personal Democracy Forum di domani...sto tra l'altro rimpiangendo di non avere biglietti da visita - e di non sapere come rimediare


Domani sveglia presto per la conferenza...eh, perchè si comincia con il networking breakfast alle 7.30.
E sabato c'è l'unconference.
Domenica laundry, e con sollievo, mi sa.

martedì, maggio 15, 2007

Vado al Personal Democracy Forum...e magari pure voi...


L'avevo corteggiata per mesi, da quando ne avevo avuto notizia e pensavo che mai avrei avuto occasione di essere a New York a maggio.
Poi a New York ci sono arrivata, ma insomma sta conferenza costa proprio un bel po' e io qui nemmeno sono pagata.
Però, complici un paio di chiacchierate e la consapevolezza che mai più capiterà un'occasione del genere, ho deciso di prendere parte a Personal Democracy Forum, conferenza al quarto anno di vita che si propone di esplorare come la tecnologia stia cambiando la politica.
La conferenza si terrà il prossimo venerdi e sabato le farà seguito anche una UnConference sugli stessi temi.

I nomi sono notevoli e gli argomenti di assoluto interesse (sebbene, curiosamente, manchi un po' l'accento sulla dimensione locale delle comunità web, come sottolinea Ed).
Da Yochai Benkler a Zack Exley, da Thomas Friedman a Lawrence Lessig, da Josh Marshall a Joe Trippi e così via...

Il programma intero lo trovate qui.

Dato che non potete certo finanziare la piccola tirocinante in the city, chè altro non sono, vi chiedo però un favore: idee, consigli, domande, spunti. Insomma, tutto quello che vi viene in mente (focalizzare le parole: dimensione collaborativa! ;-) ) leggendo il programma e che io, con le mie possibilità e nei miei limiti, proverò a portare con me nel prossimo weekend!!

Mondanità...what else?


Eventi mondani
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In realtà, a dispetto dell'understatement e di noi che ci sentivamo del tutto estranee all'ambiente fatto di cariatidi straricche (per la maggior parte), l'evento era davvero mondano: un concerto del tenore Salvatore Licitra - non fatemi domande, per piacere - tenutosi al Nespresso Boutique Bar.

Posto elegante, gente elegante, locale chiuso al pubblico, ingresso solo per chi era nella lista degli ospiti.
In quanto rappresentante del Consolato Italiano mi sono pure esibita in un barlume di paraculaggine andando a chiacchierare con l'organizzatrice - che era "naturalmente entusiasta" della mia presenza - appena arrivata e prima di andarmene.
In realtà la serata è stata un prendere tartine dai camerieri che passavano di qua e di là, guardare il negozio Nespresso (tipo la pubblicità con George Clooney, eh - lui non lo danno in dotazione, però, dammit!), fare osservazioni sulla fauna benvestita che popolava il locale.
Per la cronaca noi eravamo le sole al di sotto dei 35, il che giustifica forse gli sguardi straniti della gente al nostro indirizzo.
O forse cercavano di capire chi fossimo...mi sa che qui la "buona società" è sempre quella, a giudicare dal fatto che siamo state fotografate da un fotografo di eventi mondani che poi ha voluto sapere i nostri nomi e ha messo la foto online (la prima del gruppo).
Ah, sì, abbiamo anche ascoltato il concerto del tenore e l'intervista che ha rilasciato a Bloomberg Tv.

Ma il nostro momento "alto" è stato scroccare un mega gelato affogato al caffè (costo di mercato: $ 6.50) e ricevere la borsa-regalo dell'evento contenente cioccolatini, un set di due tazzine e un portachiavi della Maserati con annesso catalogo, oltre al cd del tenore in questione.
Sì, siamo italiane.
Sì, siamo tirocinanti
No, non retribuite.
E ci divertiamo come sceme a questi eventi in cui siamo "fuori posto".

Nota: Essere italiani va molto di moda in questo periodo a New York (e negli USA in generale).
Andate ad eventi del genere e dite di essere italiani: vi guarderanno come una sorta di razza, se non superiore, almeno parecchio splendida/splendente.

sabato, maggio 12, 2007

BarCampMatera, diciamo così

Una manciata delle mie persone preferite, in un posto a una manciata di chilometri da casa mia, in uno dei luoghi più belli del sud (che, colpevolmente, non ho mai ancora visitato)...e sì, si tratta pure di un barcamp!

E mentre la giornata barcampesca volge al termine - sfociando, presumibilmente, in una gran cena - e cominciano a farsi vedere le cronache e le foto, io mi sistemo nella nuova casa e faccio un giro nel quartiere...

Non vorrei mica essere altrove, ma solo perchè sono a New York devo fare finta che non mi manchi niente e nessuno? Eh, no, mi mancate, invece (certo, tra un po' il cibo mi mancherà più di voi, still...)

martedì, maggio 08, 2007

Ritorno a Vassar


Io e Laura
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La "cartolina" della settimana non può che venire da Vassar, dove un po' di cose sono cominciate e dove non potevo che tornare a rivedere gli amici e ad usufruire del Founder's Day, il giorno in cui si festeggia Matthew Vassar, fondatore del college.

Sì, tipica festa da tutta la giornata sul prato, con cibo, musica live, giostre e fiumi di birra!
Le foto di gente "totally wasted" non sono particolarmente divertenti, quindi ho optato per quelle del campus, a dir poco meraviglioso anche in questa stagione.

Ah, piantatela di chiedermi di Laura, grazie. Tra l'altro, a questa distanza non saprei proprio come aiutarvi. :-P

Brooklyn tales/Williamsburg

30 aprile
New York, primo giorno.
Caldo spropositato per essere la fine di aprile.

Primo impatto come al solito: risata da deficiente. Sorry, ho delle reazioni di entusiasmo completamente sballate. Ci ho provato, davvero, a controllarmi. Sono uscita da Penn Station e ho cominciato a camminare uno, due, tre blocks...niente, all'altezza di Grand Central ero già lì a ridacchiare senza un motivo apparente.
Poi mi sono calmata e ho cominciato a gironzolare in attesa dell'appuntamento con Roberta, valente tirocinante alle Nazioni Unite, e Sara, stessa sorte all'istituto di cultura italiano.

Per motivi che tuttora non mi sono ben chiari ci dirigiamo alla volta di Williamsburg, quartiere di Brooklyn, recentemente assurto a patria elettiva degli "hipsters", diciamo una specie di categoria di giovani a metà tra l'artistico e il wannabe-trendsetter. Il risultato, manco a dirlo, è che i prezzi delle case in questa zona si sono alzati rapidamente (sto cercando casa, deformazione), segno che si tratta ormai di posto alla moda.
Il quartiere è parecchio grazioso e dà l'idea di essere sicuro: un sacco di giovani, tanti locali, molto movimento, senza eccessivo casino, pare. Pare però che, come in molte zone di New York, bastino pochi block per cambiare radicalmente percezione sia della sicurezza che del tipo di quartiere, parole di Roberta che è quella che meno di tutti si lascia impressionare.
Sempre lei ci conduce in un locale dove è stata, lì, nei pressi. Il locale si chiama BanBalotto, somiglia a una tea room serale.
Che forse è un'espressione che non vuol dire niente, mi rendo conto.
Insomma, di pomeriggio si prende il tè, c'è spazio coi cuscini e i tavolini bassi, ci sono i narghilè. Però ci sono anche i tavoli normali e si può mangiare e bere.
Somiglia a un locale turco in cui sono stata. Ma non vuol dire, il proprietario infatti è egiziano. Un tipo parecchio simpatico che si chiama Ghaly di cognome (Roberta mi dice che l'altra volta le ha detto di essere parente di Botros Ghaly, boh...).

Dato che ormai è sera e non sappiamo cosa fare e siamo estremamente stanche decidiamo di fermarci e di prenderci una birra, nella fattispecie una birra kosher parecchio buona di cui non ricordo il nome. Del resto parlando di birra non so nemmeno come si concretizzi il concetto di kosher. La birra è buona, piuttosto amara, scura come una Guinness, ma non altrettanto corposa e, credo, un poco più alcolica.
Nel frattempo chiacchieriamo e ascoltiamo la musica di sottofondo, una cantante che canta in italiano qualcosa che sembra opera. Il nostro amico Ghaly ci dice che la cantante era egiziana ma cantava in francese e italiano e dovremmo conoscerla. "Si chiama Dalida" ci dice sorridendo. E allora io e Roberta saltiamo su a raccontargli di Dalida e Tenco e Sanremo e della canzone che cantavano. Ed ecco - e a dirlo sembra finto - mentre stiamo ancora parlando parte "Ciao, amore ciao".

A noi, sarà la stanchezza e il caldo e il troppo camminare, sarà un po' di fuso orario e la birra kosher a stomaco vuoto...insomma, a noi sembra una cosa speciale ritrovarci a New York (noi che due settimane fa non ci conoscevamo nemmeno) a parlare di Luigi Tenco con un egiziano in un locale di Brooklyn.

Ecco, questa è New York, primo giorno.

martedì, maggio 01, 2007

People I know

Quando organizzi lo ZenaCamp non puoi più nasconderti: quella che prima era timida e ora forse un po' meno...
Do not mess with him: quello che ha potenzialità chucknorrisiane (trattandosi di Andrea Beggi ho il sospetto che sia quasi tutto vero, però)!

Il comunicatore iperconnesso: quello che prima scrive un post perplesso su Twitter e poi passa il giorno seguente a usarlo come un forsennato
Great minds think alike: I suggerimenti per i prossimi BarCamp di Antonio ed Enrico